L’uomo di fronte ai terremoti

terremoto

Nel mondo antico il terremoto è manifestazione diretta di una delle tante divinità dei pantheon politeisti. Per i bramini indiani la causa dei terremoti è da attribuire alla stanchezza di uno dei sette serpenti incaricati dal dio Visnù di sostenere la Terra; secondo alcuni popoli dell’Asia centrale, i sismi sono prodotti da un’enorme rana che vive nelle profondità del nostro pianeta e che ogni tanto si scuote; nella mitologia dei tartari del Caucaso i terremoti sono generati invece da un toro gigantesco che porta la Terra sulle corna; nel Cile antico la causa dei terremoti sono due serpenti litigiosi; nella Roma pagana i sacrifici (anche umani) per scongiurare un terremoto venivano fatti alla dea Tellus, a Cerere, a Giove…

La visione monoteista elimina queste credenze, assenti quindi nel mondo ebraico antico e in quello cristianizzato, che rifuggono l’animismo come forma di idolatria.

 

poseidone

Poseidone, o Nettuno per i romani, è il dio del mare e dei terremoti e maremoti nella mitologia greca.

Già in età alto-medievale i teologi da una parte affermano che se un terremoto avviene, è perché, in ultima analisi Dio lo permette (per “richiamare” gli uomini), e lo ricollegano, come ogni manifestazione di violenza naturale, al peccato originale, origine di ogni squilibrio spirituale e fisico (“tutta la creazione geme, come nelle doglie del parto”, scriveva san Paolo); nel contempo propongono delle interpretazioni naturalistiche, delle cause secundae, dei fenomeni sismici.

Così per esempio sant’Isidoro vescovo di Siviglia (De natura rerum), il venerabile Beda, Dante Alighieri, sant’Alberto Magno nel suo De mineralibus et rebus metallicis e il frate Ristoro d’Arezzo nella sua Composizione del mondo (1282). Il terremoto diventa così, da un punto di vista filosofico e teologico, fonte di una grande domanda (perchè, in ultima analisi, il terremoto, perchè, più in generale, il male e la morte?), che non esclude però la ricerca di meccanismi naturali (ricostruendo i quali, però, non si risolve definitivamente il dilemma del male).

Nel XIV secolo il canonico del Duomo di Regensburg, Konrad di Megenberg (1309-1374) respinge la spiegazione popolare di origine pagana secondo cui il terremoto era causato da un enorme pesce di nome Celebrant che di tanto in tanto si muove mordendosi la pinna caudale, e propone una spiegazione naturalista del fenomeno.

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La tradizione giapponese vuole che a causare i terremoti e i maremoti sia un grande pesce scuro chiamato Namazu (pesce gatto). E’ lui che vivendo nel mare vicino alle coste con i suoi movimenti fa tremare la terra e poi sbattendo la sua coda causa gli tsunami… La cultura giapponese lo teme e lo onora allo stesso tempo e nei disegni tradizionali la figura di Namazu è assai presente.

Nel Seicento il padre della geologia, il beato Niccolò Stenone (1638 – 1687) studia gli strati geologici del terreno, concludendo che la formazione delle montagne è dovuta a terribili terremoti che hanno devastato la regolare stratificazione per sedimenti.

In questo percorso di graduale comprensione dei fenomeni sismici, occupa un posto di rilievo anche un religioso anglicano, l’inglese John Michell (1724-1793), parroco di Thomhill Curch nello Yorkshire, filosofo e teologo, secondo alcuni “il primo sismologo dell’età moderna”, per il quale il terremoto ha il carattere di un’onda che si propaga nella Terra grazie all’elasticità delle rocce.

Un ruolo fondamentale lo hanno però soprattutto alcuni inventori di una grande varietà di strumenti di misurazione.

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Tra i primi sismometri troviamo quello sopra, ideato nel 1703 dal sacerdote francese Jean De Haute-Feuille. Costui costruì “una vaschetta con fori presso l’orlo, orientati secondo i punti cardinali; la vaschetta era riempita di mercurio fin presso i fori. Ad ogni scossa il mercurio, oscillando, traboccava da uno o più fori, e cadeva in apposite scodellette, indicando così non solo la direzione della scossa, ma anche la sua intensità, dalla quantità di mercurio traboccato. L’abate Atanasio Cavalli, nel 1784, vi aggiunse un orologio orizzontale con quadrante girevole e con fori corrispondenti alle diverse ore; il mercurio, cadendo nei fori che indicavano le ore, rivelava così anche l’ora della scossa.

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Ma il primo sismografo moderno, a pendolo (1751; vedi immagine sotto), fu invenzione del monaco benedettino padre Andrea Bina (“egli fece sì che una massa di piombo, sospesa ad un filo e munita di una punta nella parte inferiore, solcasse in uno strato di sabbia le tracce del movimento tellurico”).

All’opera di costoro, e di alcuni altri, si affianca quella di un altro padre scolopio, Filippo Cecchi, a cui dobbiamo il primo strumento sismografico (detto anche Sismografo analizzatore) che registri con continuità “i movimenti del suolo in funzione del tempo”. “Nello strumento del Cecchi, l’inizio del terremoto mette in moto un orologio e aziona lo scorrimento di un nastro di carta sul quale vengono registrate le oscillazioni del suolo”.

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Il Sismografo elettrico a carte affumicate scorrevoli e il Sismografo a carte affumicate non scorrevoli del Cecchi si diffusero molto rapidamente negli osservatori italiani e stranieri e gli meritarono la medaglia d’oro all’Esposizione nazionale di Torino del 1884. Oltre a questi strumenti il Cecchi inventò un nefoscopio, un avvisatore sismico e un sismografo a registrazione continua, presentato al Congresso meteorologico di Napoli nel 1882.

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Tra i religiosi italiani che si distinsero a livello mondiale nello studio e negli apporti alla sismologia va ricordato anche don Giuseppe Mercalli (1850-1914; con colletto romano e berretto), inventore della famosa scala sismica che da lui prende il nome e della prima carta sismica d’Italia; il padre scolopio Guido Alfani (1876-1940), che “impiantò una stazione radiotelegrafica per il servizio orario degli apparecchi sismici, la prima in Italia”; e soprattutto il padre barnabita Timoteo Bertelli (1826-1905; vedi sotto), che può essere definito il padre della microsismica.

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Chi fu Timoteo Bertelli? Enzo Pozzato, nel Dizionario Biografico degli Italiani (Vol.9, 1967) ricorda la sua nascita, a Bologna, nel 1826, da Francesco, professore di Astronomia presso la locale Università, e Teresa Pallotti; la sua entrata nell’ordine dei barnabiti, nel 1845, e il suo successivo ruolo di insegnante, presso il prestigioso collegio barnabita Alla Querce di Firenze. E aggiunge: “La maggior gloria del Bertelli è l’organizzazione, su basi scientifiche, di una nuova scienza, la sismologia. Sulla base delle esperienze effettuate dal barnabita padre Cavalleri (inventore straordinario anche di microscopi, telescopi, elicoscopi, lampade elettriche a corrente continua ecc., ndr), e dopo aver effettuato una ricerca storica sulle scoperte di Alessandro di Calignon (1643) e di P. Parnisetti (canonico e professore di Fisica nel Seminario di Alessandria, ndr), nel 1868 costruì un primo pendolo di osservazione chiamato tromometro: esso era costituito di un peso di pochi chilogrammi sospeso ad un filo di rame e munito nella parte inferiore di una punta finissima, che doveva essere osservata con il microscopio. Procedendo nelle osservazioni con rigore sperimentale, negli anni 1870-71 il Bertelli osservò che i fenomeni microsismici erano denunciati dal pendolo, che il fenomeno si ripeteva nei mesi invernali quasi quotidianamente e con maggiore intensità durante gli abbassamenti barometrici e che nei mesi estivi i fenomeni microsismici erano quasi impercettibili”. Per capirne di più possiamo trarre una citazione da un breve saggio di C. Melzi d’Eril e G. Boffito, intitolato Il P. Barnabita Timoteo Bertelli di Bologna (1826 – 1905): primo indagatore e propagatore della sismica e microsismica (1924). In esso si afferma che ilBertelli ha sorpreso il fenomeno nascosto sino ad allora all’umanità, il tremito voglio dire spontaneo della terra. Per lui non v’è più dubbio…sì, anche quando tutto pare fermo, il suolo ha le sue microscopiche convulsioni. Non è il vento che agiti l’aria d’intorno…non è il vento che agiti l’edificio perché è giornata di assoluta calma; non è lo squilibrio termometrico, perché in quell’andito la temperatura è costante; non sono veicoli che passino, persone che girino per la casa, perché è notte avanzata. Eppure il pendolo si muove ed è la terra che ha i suoi terremoti microscopici…”. Per misurare questi moti, da lui per primo identificati, Bertelli inventa appunto il tromometro ed altri strumenti. […]

I passi sopra sono tratti, con qualche aggiunta, da: F.Agnoli, A.Bartelloni, Scienziati in tonaca, La Fontana di Siloe, Torino, 2014.


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