Alle origini di Oxford e della scienza inglese: Roberto Grossatesta e la filosofia della luce

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La storia del pensiero scientifico inglese comincia con Roberto Grossatesta, rettore dell’università di Oxford, maestro di teologia nello Studium dei Frati Minori di Oxford (1224), ed infine vescovo di Lincoln (1235; nella foto interno della cattedrale di Lincoln: si noti la luce).

A questo autore gli inglesi riconoscono meriti grandissimi nell’impostazione data agli studi oxfordiani (in particolare riguardo a luce ed ottica), tanto che lo storico della scienza inglese, A. Crombie, ne fa un pioniere della scienza sperimentale tout court nel suo “Robert Grosseteste and the Origins of Experimental Science, 1100-1700”.

Un altro storico inglese, J.McEvoy, sostiene che Grossatesta ha anticipato la grande scoperta, tramite il cannocchiale, di Galilei, e cioè l’unificazione tra fisica celeste e fisica terrestre, ponendo fine alla divisione imposta per secoli dal pensiero artistotelico-tolemaico (secondo il quale la Terra sarebbe composta dai quattro elementi, mentre i pianeti sarebbero lisci, perfetti, cristallini, eterni…).

Scrive il McEvoy: “…se una lunga attesa sarebbe ancora seguita prima che l’uso del telescopio da parte di Galileo distruggesse il dualismo di cielo e terra sul piano dell’osservazione e della scienza, la credenza metafisica nella radicale unità dell’origine dell’essere materiale ebbe già un posto assicurato nella storia delle idee grazie a Grossatesta. I più concreti, si potrebbe quasi dire scientifici, guadagni del nuovo sistema appaiono già nella sua filosofia della natura, dove vengono dedotti una serie di principi concernenti la natura e la condotta matematica della luce, principi che…presagiscono l’emergere di una teoria fisica unificata nei secoli a venire… Buridano fu senza dubbio originale in parecchi aspetti nell’applicare una teoria dell’impetus al moto dei cieli, ma due dei suoi basilari punti di partenza furono accoppiati già da Grossatesta un secolo prima…”1.

Gossatatesta è stato un grande teologo e uno studioso dei fenomeni della luce, tanto da essere, forse, il “primo a suggerire l’uso delle lenti per ingrandire gli oggetti piccoli e avvicinare quelli lontani. Di fatto a questi studi di ottica segue l’invenzione degli occhiali”2 e gli studi successivi di frati celeberrimi come Ruggero Bacone, suo allievo.

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In particolare, nel suo celebre De luce seu de inchoatione formarum, Grossatesta parte dal Fiat lux del Genesi, e dalle sue osservazione di ottica, per affermare che la luce, prima creatura, “è capace per natura di moltiplicare se stessa in ogni direzione…Naturalmente infatti la luce generando si moltiplica in ogni direzione, e, insieme con l’esistere, genera. Per questo riempie immediatamente ogni luogo circostante”. Proseguendo spiega che la creazione della luce è anche l’origine di moto, tempo e spazio: il moto della luce crea lo spazio, e il rapporto tra moto e spazio dà vita al tempo. Moto, tempo e spazio, non sono quindi degli assoluti, ma dei relativi, che hanno iniziato ad esistere, in un istante di tempo che “dà inizio al tempo”, non “continuazione del passato verso il futuro, ma solo inizio del futuro”.

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Di fianco Grossatesta su Nature, prestigiosa rivista scientifica: http://www.nature.com/news/history-a-medieval-multiverse-1.14837; Grossatesta su Nature

Nelle sue riflessioni a metà tra lo scientifico e il filosofico, Grossatesta arriva quindi a negare l’esistenza di una materia eterna, teorizzata ad esempio nel Timeo platonico, e a sostenere che il moto degli astri non solo non abbisogna di anime astrali, come nell’astro-biologia degli antichi, ma neppure di intelligenze motrici, essendo il mondo materiale non un “grande organismo” vivente, ma una “mundi machina”, una macchina del modo, regolata, come ogni meccanismo, da precise leggi intrinseche.

Così in Grossatesta “concezione creazionista del mondo e concezione meccanicistica della sua formazione sembrano poter coesistere grazie all’azione della luce: l’evento soprannaturale della sua posizione è, nel De luce, dato per scontato, e l’unico accenno che vi riscontriamo è là dove si parla della forma prima nella materia prima creata; può quindi essere delineato il successivo costituirsi del cosmo come sistema autoproducente senza l’ulteriore intervento del Creatore3.

Facile capire perché il già citato McEvoy, oltre a mettere in luce il contributo di Grossatesta nella lotta al pensiero astrologico, scriva che egli “anticipò, chiaramente, le idee di Huyghens sulla propagazione della luce” e aggiunga: “Sicuramente, il suo racconto dell’assoluta origine cosmica da un punto privo di dimensioni e dotato di una concentrazione infinita di energia porta il lettore contemporaneo a pensare quasi spontaneamente alla teoria dell’origine dell’universo dal Big Bang4 (che nascerà nel Novecento ad opera del sacerdote belga Georges Edouard Lemaître)5.

Negli ultimi tempi l’importanza di Grossatesta è stata sempre più sottolineata, tanto che nel Settembre 2011 International Astronomical Union ha dedicato al vescovo inglese un asteroide appena scoperto6. (F.A.)

La fisica e la filosofia della luce sono intimamente connessi non solo alla nascita dell’ottica, ma anche ad una estetica della luce, propria del gotico.

Di seguito alcune pagine sul tema, dal libro Roberto Grossatesta. La filosofia della luce:

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Letture da Grossatesta

“La prima parola del Signore creò la natura della luce e disperse le tenebre, e dissolse la tristezza e rese immediatamente ogni specie lieta e gioiosa. La luce è bella di per sè, ‘poichè la sua natura è semplice, e ha in sè tutte le cose insieme’; perciò è massimamente unita, e proporzionata a sè in modo assai concorde a causa dell’uguaglianza; invece la concordia delle proporzioni è bellezza…Essa fra le cose corporali è la dimostrazione più evidente per via analogica della somma Trinità. Perciò Dio, che è luce, giustamente ha cominciato l’opera dei sei giorni dalla luce stessa, di cui tanto grande è la dignità” (Hexaemeron).

Nessuno ritenga che i cieli o gli astri siano animati. Infatti sono inanimati ed insensibili. Perciò, sebbene la Scrittura affermi: ‘Si rallegrino i cieli ed esulti la terra’, chiama alla letizia quegli angeli che sono nei cieli, e gli uomini che abitano la terra”. Così la pensa sul firmamento e sul cielo Giovanni Damasceno, non ignorando con quanti sforzi i filosofi abbiano tentato di dimostrare che i cieli sono animati; e alcuni di loro sostengono che tutti i cieli abbiano un’anima sola; e alcuni, invece, anime diverse per i diversi cieli. Alcuni poi ritennero che i cieli siano mossi non da un’anima unita a loro in unità individuale, ma da una intelligenza o da intelligenze non unibili ai corpi in unità personale”7.

Gli astrologi tentano di predire dall’osservazione delle costellazioni persino tutte le nostre azioni compiute o non ancora compiute dal nostro libero volere. Se dunque il fato inteso in questo senso fosse qualcosa, è chiaro che tutto accadrebbe necessariamente e non liberamente. Ciò che sembra voler dire anche Agostino commentando il salmo 31 quando scrive: ‘Dalle stelle deducono i comportamenti umani. Dio mi creò con il libero arbitrio. Se ho peccato, ho peccato io, perché così io denunzi a Dio la mia iniquità, ma contro di me, non contro di lui’”8.

Essendo infatti tutte le cose per l’uomo…il moto dei cieli non sarà se non per la generazione degli uomini e di quelle cose che qua giù in terra servono all’uomo…Ma forse alcuni matematici sostengono che le stelle abbiano spiriti viventi incorporei e razionali, e che attraverso i loro spiriti agiscano sugli spiriti degli uomini, e, attraverso i loro corpi, sui corpi degli uomini…Confuta costoro l’autorità della Scrittura che nel Deuteronomio afferma: ‘Il sole e la luna e tutte le stelle sono state create da Dio per servire a tutte le genti che vivono sotto il cielo’. Se infatti sono create per il servizio dell’uomo, è più naturale che esse stesse siano sottomesse e comandate dall’uomo piuttosto che, al contrario, agiscano, comandino o influenzino l’uomo”9.

1 J. McEvoy,The philosophy of Robert Grosseteste, Clarendon Press, Oxford, 1982, pp.185, 187,188,199

2 A.Crombie, op. cit., p.85

3 Francesco Agnoli, Roberto Grossatesta, la filosofia della luce, ESD, Bologna, 2007. Vedi: Prefazione di Gargantini a La filosofia della luce

4 J.McEvoy, Gli inizi di Oxford, Jaka Book, Milano, 1996, p. 78.

5 Recentemente, l’8 ottobre 2013, l’astrofisico Richard Bower of Durham University ha tenuto una lezione intitolata: “Robert Grosseteste, the first Cosmologist?”

6 Questa la motivazione addotta: Robert Grosseteste (1175–1253) was an English statesman, natural philosopher and theologian. His commentaries on Aristotle underlaid what was to become the scientific method: generalizing from observations to universal laws, and then using those laws to predict outcomes”. Si veda il sito della International Robert Grosseteste Society, http://grossetestesociety.org/

7 Hexaemeron, p.106.

8 De libero arbitrio, ed. Baur, p.205. Traduzione di P.Rossi, op. cit., p.306.

9 Hexaemeron, op. cit., pp. 75, 76, 167.