La teologia di Sir George Gabriel Stokes

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L’Università di Cambridge, una delle prime al mondo, vanta nell’Ottocento, quasi contemporaneamente, tre personalità della fisica di notevolissimo livello: Sir George Gabriel Stokes (1819-1903), Lord William Thomson, più conosciuto come Lord Kelvin (1824-1907) e James Clerk Maxwell (1831-1879). Mentre il primo lascerà la prestigiosa Università per insegnare a Glasgow, Maxwell e Stokes rimarranno nella cittadina inglese sino alla morte.
Il più anziano dei tre, Stokes, è stato autore di fondamentali contributi nel campo della dinamica dei fluidi, della geodesia, dell’ottica.

E’ stato professore lucasiano di matematica, segretario e presidente della Royal Society (tre titoli che solo Newton aveva assommato nella sua vita, ma non in contemporanea come Stokes).

Tra le numerose scoperte che prendono il suo nome si ricordano: l’equazione di Stokes-Einstein, l’equazione di Stokes-Navier, la legge di Stokes, la regola di Sokes sull’irraggiamento, il raggio di Stokes, la linea di Stokes, lo Shift di Stokes, lo scivolamento di Stokes, l’onda di Stokes, il teorema di Stokes… Da lui prende il nome l’unità di misura stokes della viscosità cinematica nel sistema (vedi anche: https://it.wikipedia.org/wiki/George_Stokes).

Quale fu il suo pensiero filosofico e, soprattutto, teologico (era figlio di un pastore evangelico)?

Possiamo risalire al pensiero di Stokes  anzitutto ricordando che oltre che presidente della Royal Society, lo fu anche del Victoria Institute, fondato nel 1865 per difendere “le grandi verità rivelate nella sacra Scrittura”, contro l’opposizione degli scientisti.
Possiamo inoltre attingere ad alcune sue lettere (“Memoir and Scientific Correspondence of the Late Sir George Gabriel Stokes”, a cura di Joseph Larmor, Cambridge University Press, 2010) e alle sue Gifford Lectures, ben dieci (tutte integralmente presenti sul sito ufficiale: giffordlectures.org), tenute tra il 1891 e il 1893 e dedicate alla Natural Theology.

Partiamo dunque dalle lettere, in particolare da quelle indirizzate a Mr. Arthur H. Tabrum, a partire da quella datata 16 gennaio 1895. In essa leggiamo tra l’altro: “Lei chiede se è mia esperienza l’aver trovato ‘i più grandi scienziati irreligiosi’. La mia esperienza non è questa, ma quella contraria”.

Stokes continua citando Faraday, Maxwell, Adams (l’astronomo inglese, morto a Cambridge nel 1892, che scoprì Nettuno). E riguardo a costoro: “Io ho conosciuto tutti e tre molto bene, specialmente Maxwell e Adams, con i quali sono stato molto intimo. Io so che furono tutti uomini profondamente cristiani”.

Allo stesso personaggio, il 5 ottobre 1899, Stokes scrive: “La sola logica posizione per lo scienziato che volesse distruggere la resurrezione sta nel credere che la scienza copra la complessa natura dell’uomo, così che egli non abbia nulla da spartire con qualcosa che giaccia al di là del dominio della scienza. E’ questo un presupposto ragionevole?”.

E continua spiegando che la scienza biologica non arriva a comprendere integralmente l’uomo, il quale, come è ribadito più volte, è di “natura tripartita”: materia, anima e spirito, come “vuole san Paolo”.

Il 3 agosto 1900 Stokes scrive:Io credo che l’esistenza della vita (che non è casuale, e che non viene da un “passato infinito”, come è detto altrove, ndr) è uno dei più forti argomenti per l’esistenza di un Essere Vivente che è l’Autore della vita… Io credo che i grandi gaps che noi troviamo nella serie delle cose animate, sia piante che animali, indeboliscano la teoria secondo cui l’uomo derivò, attraverso una ininterrotta catena, da qualche bassa forma di vita”.

Quanto all’evoluzione, non materialisticamente intesa: “Io non vedo nulla contro la vostra nozione che l’evoluzione e la creazione speciale possano essere esistite l’una accanto all’altra”.

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Quanto alle Gifford Lectures, si tratta di lezioni che, secondo la volontà del fondatore, Lord Gifford, devono trattare dell’esistenza di Dio e delle leggi morali, senza riferimenti a religioni positive.

In queste dieci lezioni Stokes tratta delle sue convinzioni di scienziato e di uomo di fede, parla del Divine Design che l’uomo di scienza può rintracciare nel creato, di contro alla visione materialista, non senza sottolineare di sentirsi in difficoltà a non trattare due fatti per lui “soprannaturali”: la Rivelazione di Cristo e la sua Resurrezione.

Tanti sono i punti affrontati: Idea of causation, and limitation of its scientific investigation; Conception of a Designing Mind behind the order of nature ; Qualification of the idea of personality as applicable to the First Cause; Origin of Man, creation or evolution?; Hypothesis that man consists of a mortal body and a soul surviving death — Evidence that the body is concerned in thought — Resurrection demands, like creation, a Divine Power , Materialistic theory — Difficulties of both psychic andmaterialistic theories — Theory of man’s tripartite nature…

Interessanti alcuni passaggi, di seguito brevemente riassunti: Stokes sostiene la possibilità dei miracoli, affermando che “sarebbe assurdo negare alla volontà creatrice le facoltà che posseggono gli esseri creati”, cioè il libero arbitrio. Perciò “se noi immaginiamo le leggi naturali come qualcosa di autonomo e di increato, non possiamo ammettere nessuna deviazione da esse. Ma se le pensiamo come intese da una volontà superiore, bisogna pur supporre la possibilità di sospenderle in qualche caso particolare…”.

Stokes sostiene che la teoria di Darwin non esclude Dio, al contrario esige una creazione che preceda l’evoluzione; aggiunge che non è sufficiente, da sola, a spiegare molte cose, in particolare “la differenza tra le specie l’una dall’altra più distanti”; conclude riconoscendo che nella natura è evidente la finalità, ad esempio in organi che non sono il “risultato di variazioni accidentali”, come ad esempio l’occhio (di cui fu grande e stimato studioso).